TRAUMATOLOGIA SPORTIVA
Per essere di aiuto intervenendo su di un trauma sportivo, bisognerebbe essere capace di
-classificare i traumi sportivi in relazione alla parte lesa
-distinguere le lesioni ossee, muscolari, tendinee e articolari
-intervenire con tecniche adeguate in attesa dell'intervento medico
-individuare la terapia più adeguata
La traumatologia sportiva si occupa di tutti quei traumi imprevedibili e fortuiti che più frequentemente si possono verificare durante lo svolgimento di una qualsiasi attività motoria. Tali lesioni, definite anche come traumi sportivi, sono principalmente a carico delle strutture dell'apparato locomotore, cioè dei segmenti ossei e delle articolazioni, dei muscoli e dei tendini.
Esiste, inoltre, una patologia da sport, in cui il trauma non è più un evento violento e improvviso, ma indotto e prodotto dal tipo di attività sportiva praticata; attenzione, quindi, perchè non tenere in debito conto la fisiologia di un soggetto in crescita, la tipologia del "training" effettuato e l'attività sportiva praticata porta, in tempi più o meno lunghi, al danno e alla patologia, attraverso un meccanismo di sovraccarico cronico, che, a seconda degli sport praticati, può essere più evidente su un arto inferiore (calcio) o sulla colonna vertebrale (ginnastica artistica).
In base al tipo e all'azione locale svolta dall'agente che procura il danno sull'organismo, le lesioni traumatiche da sport, cioè rotture totali o parziali, si possono classificare in: ossee, articolari, muscolari, tendinee.
1.1 Le lesioni ossee
Le lesioni ossee sono rappresentate dalle fratture, definite come interruzioni della continuità di un osso. Nel bambino però è possibile una lesione traumatica senza una vera e propria interruzione: si tratta delle cosiddette deformazioni plastiche, in cui l'osso si deforma in modo permanente senza una rima di frattura.
Tali lesioni sono tipiche del soggetto più giovane a livello delle ossa lunghe e si ritrovano raramente nella traumatologia sportiva. Le lesioni ossee più frequenti in ambito sportivo si localizzano a livello meta-epifisario al polso o alla caviglia (calcio, pattinaggio, ciclismo ecc.), mentre a livello diafisario sono colpite soprattutto la gamba nello sci, la clavicola nel ciclismo e negli sport di contatto.
Frattura
L'interruzione di continuità di un osso, causata da una forza traumatica d’intensità superiore alla resistenza e all'elasticità del segmento colpito, viene definita frattura.
Due sono i principali tipi di frattura: chiusa ed esposta.
Nella frattura chiusa l'osso si rompe senza lacerare la pelle; in quella esposta un frammento di osso lacera la pelle, determinando anche possibili rotture dei vasi sanguigni, e la rende più soggetta a infezioni per l'esposizione ai batteri.
Le fratture si distinguono inoltre:
• per grado: la frattura si dice completa se le due estremità rimangono allineate e l'osso è interrotto solo nella sua continuità, e incompleta quando i due o più frammenti nei quali si è diviso l'osso si sono allontanati l'uno dall'altro;
• per direzione: di solito l'osso si frattura in senso trasversale, ma anche in senso obliquo e longitudinale;
• per numero di frammenti: le fratture si chiamano semplici quando i frammenti in cui l'osso si divide sono due; multiple quando i frammenti sono più di due; comminute quando l’osso si frattura in tanti piccoli frammenti.
Insieme alla rottura dell'osso, nella zona interessata si ha la comparsa di un ematoma, una probabile emorragia, un dolore intenso che aumenta con il movimento della parte interessata dalla frattura; il soggetto ha poi anche una reazione generale intensa con la comparsa di uno stato di shock. In caso di sospetta frattura il soggetto deve essere portato in ospedale.
Terapia
Una volta accertata la frattura con l'esame radiografico, questa viene ridotta (ripristino delle ossa nella loro posizione) e l'osso viene immobilizzato per permettere ai frammenti ossei di rinsaldarsi.
Questa immobilità forzata può essere causa di una perdita della massa muscolare e di una certa rigidità articolare, recuperabili con sedute di fisioterapia.
1.2 Le lesioni muscolari
Le lesioni muscolari, in relazione al meccanismo che determina la lesione, si dividono in: dirette e indirette. Nel primo caso si può parlare di contusioni, dovute a un impatto sulla superficie corporea tale da comprimere le parti molli; nei casi più lievi, può comparire un'ecchimosi, determinata dalla rottura di piccoli vasi superficiali. Nei casi più gravi, si verifica la necrosi delle fibre muscolari, associata a un’emorragia che porta alla formazione di un ematoma che crea dolore e impotenza funzionale.
Le lesioni indirette sono invece dovute a una violenta contrazione muscolare, che si verifica su un muscolo già allungato oppure proprio per un allungamento troppo violento in fase di contrazione.
Tratteremo ora le principali lesioni traumatiche muscolari in cui si può incorrere durante l'esecuzione di un gesto tecnico o la pratica di un'attività sportiva: il crampo muscolare, lo stiramento e lo strappo.
Il crampo muscolare è un improvviso e doloroso spasmo (rigidità) di uno o più muscoli causato da una contrazione prolungata ed eccessiva delle fibre muscolari.
I crampi si verificano spesso e generalmente durano pochi secondi; sopravvengono durante lo svolgimento di un'attivita sportiva intensa e prolungata o subito dopo; sono provocati da un'abbondante sudorazione, cui segue la perdita di sodio, potassio e cloro. Possono presentarsi anche mentre si cambia posizione a letto, durante movimenti ripetitivi come lo scrivere (crampo dello scrivano) o persino in condizione di assoluto riposo.
Terapia
Dato che la perdita di sodio attraverso il sudore, in condizioni di eccessivo calore (febbre, vampate di calore e attività fisica prolungata nel tempo), può provocare il crampo muscolare, questo può essere evitato o alleviato bevendo liquidi e cibi contenenti il sale.
Stiramento e strappo. Lo stiramento è una lesione del muscolo dovuta all'eccessivo allungamento di un certo numero di fibre che lo compongono (schiena e arti). In un'ipotetica scala di gravità, potremmo collocarlo tra la semplice contrattura e lo strappo. Quando le fibre si lacerano o si rompono si parla di strappo muscolare, che colpisce in genere l'arto inferiore.
I traumi frequenti tra gli atleti sono in genere provocati da un insufficiente riscaldamento, da uno sforzo eccessivo o da un movimento brusco. Nella parte lesa del muscolo, per l'insorgere di un'emorragia, si avverte un immediato dolore, con gonfiore e spasmo muscolare che ne impediscono il movimento. Alla vista e al tatto la superficie muscolare traumatizzata può risultare leggermente concava per l'accorciamento del muscolo.
Contrattura. Aumento involontario e permanente del tono muscolare, con dolore modesto e diffuso.
Terapia
Dopo il periodo di riposo, è bene iniziare una terapia fisica (fisioterapia) con esercizi di estensione, per ridurre il probabile accorciamento dovuto alla rottura delle fibre muscolari. Gli esercizi possono essere di tipo passivo (il terapista muove la parte lesa del corpo) e attivo (il paziente impara a contrarre e rilasciare determinati gruppi muscolari eseguendo movimenti specifici). I tempi di recupero oscillano dal-le 2-3 settimane per lo stiramento, ai 3-4 mesi per gli strappi muscolari.
INTERVENTO: In caso di crampo muscolare
Per alleviare il dolore, porre subito il muscolo colpito dal crampo in allungamento; nel caso di crampo al polpaccio o alla pianta del piede, semipiegare in avanti la gamba, mantenendo iI piede piatto sul pavimento. Questo primo accorgimento spesso basta a far passare il crampo, impedendo la contrazione dolorosa.
Con la parte prossimale del palmo della mano massaggiare la parte contratta con il muscolo ancora in allungamento. Si può riscaldare la parte con un bagno tiepido o una bottiglia di acqua calda.
INTERVENTO: In caso di stiramento o strappo
Porre l'infortunato in posizione comoda e sostenere la parte lesa.
Applicare iI protocollo RICE (vedi scheda primo soccorso sulla distorsione).
II muscolo non va ne massaggiato, ne frizionato.
1.3 Le lesioni articolari
Il meccanismo che determina questo tipo di lesione è quasi sempre di tipo indiretto ed è rappresentato da un movimento forzato rispetto a quello fisiologico (è il caso delle distorsioni) oppure rispetto alla massima escursione possibile che l'articolazione interessata al gesto offre (è il caso delle lussazioni). II trauma può interessare la capsula articolare, i legamenti e le eventuali strutture accessorie (menischi).
Distorsione
La distorsione è la lesione traumatica di un'articolazione, provocata da un movimento brusco di torsione, che consiste nello stiramento o nella lacerazione dei legamenti che tengono unite le estremità ossee. In questo tipo di lesione le superfici articolari non subiscono spostamenti e non si verifica una frattura.
Il primo provvedimento terapeutico da prendere è il cosiddetto RICE (Rest, Ice, Compression, Elevation: riposo, ghiaccio, pressione, elevazione), il protocollo più accreditato per le lesioni acute. L’articolazione della caviglia è quella maggiormente esposta al rischio di distorsione, che avviene di solito per un cedimento della parte esterna del piede, con la caviglia che si trova quindi a dover sostenere improvvisamente tutto il peso del corpo.
Impropriamente detta storta o slogatura, si manifesta con forti dolori accompagnati da tumefazione dell'articolazione, che l'infortunato non riesce più a muovere senza avvertire più forte e intenso il dolore.
Terapia
La terapia comprende sia una riabilitazione di tipo muscolare (massaggi, movimenti passivi) e articolare sia applicazioni fisioterapiche, oltre a un periodo abbastanza lungo di riposo.
Comportamento in caso di distorsione della caviglia
Dopo aver messo a riposo e fuori carico l'articolazione ed evitato i movimenti che provocano dolore (Rest), applicare il ghiaccio immediatamente e nei giorni successivi più volte per mezz'ora ogni 2-3 ore (Ice).
2 comprimere l'articolazione con un bendaggio rigido per limitare il processo emorragico (Compression) ed elevare l'arto per ridurre l'entità dell'edema e della tumefazione (Elevation).
3 Tenere a riposo (arto in scarico).
Lussazione
La lussazione è lo spostamento completo e permanente delle ossa di un'articolazione che si verifica quando due capi articolari non sono più in contatto fra loro. Se nello spostamento si mantiene almeno un punto di contatto fra le ossa si parla di sublussazione.
La lussazione è una lesione molto dolorosa perché di solito associata alla lacerazione dei legamenti e a lesioni della capsula articolare. Essa impedisce o riduce il movimento del-l'articolazione (impotenza funzionale), che si gonfia rapidamente. Un'articolazione è tanto più soggetta a lussazione quanto maggiore è il suo grado di mobilità articolare: la parte di gran lunga più colpita è la spalla, seguita da gomito e anca.
Terapia
E’ necessario un intervento medico-chirurgico per trattare l'articolazione lussata e riportare le ossa nella posizione corretta.
INTERVENTO: In caso di lussazione
Come primo intervento, impedire il movimento dell'articolazione lussata, immobilizzandola con una stecca o, nel caso della spalla, con un bendaggio del braccio.
Non si deve mai cercare di ridurre la lussazione riportando manualmente l'articolazione nella posizione iniziale: si possono provocare gravi lesioni ai nervi interessati.
1.4 Le lesioni tendinee
Le lesioni traumatiche dei tendini sono relativamente frequenti.
Nelle lesioni cosiddette aperte si ha l'interruzione parziale o totale del tendine, come il tendine d'Achille, il tendine rotuleo e il tendine del bicipite brachiale, e si verificano soprattutto negli infortuni sul lavoro.
Le lesioni chiuse sono invece più frequenti nei soggetti che praticano sport, sia in forma acuta sia cronica. Nel primo caso si tratta in genere di infortuni sportivi (macrotraumi diretti o indiretti); nel secondo, invece, si tratta di vere e proprie patologie da sport dovute al sovraccarico funzionale e/o a microtraumi ripetuti.
Prendiamo in esame ora due delle lesioni croniche dei tendini più frequenti nello sportivo, la tendinite e l'epicondilite.
Tendinite
La tendinite è un'infiammazione di uno o più tendini generalmente causata da un evento traumatico improvviso o da microtraumi ripetuti.
Uno sforzo eccessivo, un'errata tecnica di corsa o l'uso di calzature non adatte sono le cause più frequenti dell'infiammazione del tendine di Achille (il tendine che si forma alla base dei muscoli del polpaccio e prosegue fino al calcagno), che è il più soggetto a questo tipo di trauma, seguito da quelli delle spalle, del gomito e del polso.
La lacerazione del tendine d'Achille, in seguito a un salto o a uno scatto, è causata da una contrazione improvvisa del muscolo del polpaccio (gastrocnemio) che stira il tendine.
Si manifesta con un dolore che aumenta con il movimento e la tumefazione della parte interessata. Terapia
La terapia consiste nel riposo dalle attività fisiche per un periodo fra i 30 e i 60 giorni e può includere la somministrazione di farmaci antinfiammatori e l'ultrasuonoterapia. +
Epicondilite
L'epicondilite, chiamata anche gomito del tennista, è un'infiammazione tendinea dell'epicondilo, cioè della sporgenza ossea che si trova sul lato esterno del gomito (estremità inferiore dell'omero).
E’ causata dall'uso eccessivo dei muscoli dell'avambraccio che flettono ed estendono le dita e i polsi. Può manifestarsi quando si gioca a tennis, ma più spesso si verifica in attività come tagliare la legna o aprire una bottiglia, con un dolore che aumenta stringendo la mano sull'attrezzo.
Se ad essere infiammato è l'epicondilo sul lato interno del gomito, la lesione è conosciuta come gomito del giocatore di golf.
Terapia
Somministrazione di farmaci antinfiammatori e riposo.