Psicologia delle Arti Marziali:
la Via del Guerriero
Introduzione
Parlare di psicologia e di arti marziali significa entrare in un mondo che all’apparenza sembra dualistico e molto lontano l’uno con l’altro. Ma in realtà chi pratica arti marziali da diverso tempo e ne assapora la profondità, ben presto viene a conoscenza della profonde unione che esiste tra la psicologia e l’apparato filosofico - culturale – tecnico che impregna le arti marziali tradizionali.
Il praticante, l’istruttore e il maestro di una disciplina marziale tradizionale entrano in un mondo dove la componente psico-fisica è culturalmente e naturalmente unita e in continua evoluzione.
Se partiamo con l’analizzare la psicologia occidentale ci rendiamo conto che essa pone le sue basi nella filosofia dell’essere, con le domande recondite dell’uomo interiore e con l’osservanza della natura, e nello specifico, nell’osservanza della “natura umana” contemplata nel suo più vasto significato.
La parola psicologia, studio della psiche, venne coniata dal riformatore e umanista tedesco Ph. Schwarzherde che la usa per identificare “… contenuti che avevano già trovato modo di enunciarsi nelle costruzioni mitologiche, religiose, culturali, e filosofiche a partire dagli albori della civiltà…”[1]. Ma nella seconda metà dell’ottocento la psicologia si stacca dalla filosofia e viene inserita, grazie a W. Wundt, nelle scienze naturali adottando criteri di sperimentazione e di quantificazione. Oggi la psicologia vive una grande proliferazione di teorie e di evoluzioni che hanno seguito la storia dell’evoluzione psicosociale dell’esser umano, con esiti positivi ma anche con tanti esiti e speculazioni negative.
Il presente capitolo ha come finalità l’incontro della cultura occidentale con la cultura orientale, quindi tratterà nello specifico di come la psicologia abbia un ruolo molto importate nell’apparato delle arti marziali tradizionali e di come essa sia di supporto e di completamento alle teorie e alla visione orientale dell’essere umano. Così come le grandi tradizioni di pensiero orientali permettono di completare, meglio di ritrovare, l’origine del pensiero che supera quindi una visione dualistica separata, ma che innesta il processo di completamento e di unione della psiche umana.
Occidente ed oriente non più a confronto/scontro, ma a completamento l’uno dell’altro.
Per comprendere a pieno questo modello valutativo di incontro tra le due culture analizzerò la parola “Psiche”.
La parola psiche
Questa parola deriva dal greco e, etimologicamente, significa “soffio” che anima e rende vivo un corpo. Già dalla sua prima accezione notiamo come il dualismo mente e corpo sia in realtà un’unione specifica e complementare. La visione della mente quindi non è separata dal corpo ma anzi lo rende vivo e pulsante, ne è l’atto che permette di muoversi, di interagire e di apprendere e mutare.
Così vediamo come Aristotele già parlava di psychè come identificato a bios, la vita. Ma nell’evoluzione storica del termine vediamo come esso abbia subito notevoli cambiamenti, ne citerò alcuni, come esempio, per definire ed esplicitare il grande mutamento che questa parola ha avuto nella storia. Esorto tutti i lettori ad approfondire con testi specifici ogni elemento che ritenete vi colpisca, ma soprattutto con la ricerca di amici, professori e persone con cui scambiare le proprie opinioni.
Furono i latini a tradurre il termine con la parola “anima”, che ha la stessa radice del termine greco Anemos, “vento”. Essi lo definivano come principio delle attività spirituali e anche contenitore delle attività mentali dell’uomo. Ma è proprio con questo cambio di prospettiva che il termine comincia a venire usato in una visione dualistica rispetto al corpo e vediamo come in questo momento storico, che possiamo individuare con Platone, cominciano le domande sulla sua unione o separazione dall’elemento corpo. Ma sarà con R. Descartes che la distinzione prenderà una via chiara: con i termini “res cogitans e res extensa”, si arriverà alla distinzione tra il mentale ed il fisico.
Con la nascita della psicologia scientifica il termine psiche abbandonerà l’accezione anima, che implicava annessioni con la filosofia, la morale e la metafisica, per divenire una parola più neutra e dal valore più tecnico. Infatti il suo significato sarà determinato dal valore categoriale e dalle premesse teoriche che i vari sistemi di pensiero implicheranno.
La storia “occidentale” della parola psiche è molto vasta. Questo rapido excursus storico vuole solo porre l’attenzione sul fato che già dalla nascita dell’umanità la psiche e il corpo erano due complementari e non due distinzioni.
La cultura orientale, ancora oggi, pone le basi su una visione unita e complementare delle due entità, che per loro stessa natura sono indivisibili quindi esse stesse unico elemento.
Per capire bene l’arte marziale tradizionale è essenziale capire i termini nella loro profondità. Spesso la confusione e l’incomprensione deriva soprattutto dall’ignoranza, ovvero dall’ignorare da dove parte una cultura e come essa si è evoluta. Perché anche nella nostra società i cambiamenti oggigiorno sono rapidi e sempre di più non lasciano spazio all’approfondimento e al tempo psicofisico naturale, ma ingorgano e riempiono con troppe informazioni frammentate. Le arti marziali tradizionali hanno la capacità di ristabilire l’equilibrio di questo tempo, sia a livello fisico che a livello psicologico, proprio per la natura stessa di vivere profondamente l’essere umano nella sua complementarità, complessità, pienezza psicofisica.
Quindi si ritorna all’origine dell’uomo nella sua interezza.
Arte …. Marziale
Quando si entra in una palestra di arti marziali si incontrano persone che praticano tecniche, istruttori e maestri che insegnano e allievi che imparano, ma soprattutto si respira un clima unico e speciale: quello di chi vede la parte artistica nella marzialità.
E questo non è cosi scontato percepirlo e sentirlo, così come non è semplice trasmetterlo.
Alla parola arte si associa quasi spontaneamente parole come ricerca del bello, creatività, espressione, che poi si applicano a varie forme corporee e con materiali naturali o artificiali. A ben vedere l’arte invade ogni nostra giornata.
Alla parola marzialità si associano termini come militare, disciplina, gerarchia.
In prima apparenza disunite, diventano un vero e proprio Tao da seguire: la bellezza di un gesto, la ricerca della comprensione del corpo, della mente e dell’anima che si applicano nella marzialità con disciplina; direi che è una della grandi possibilità che le arti marziali ci possono dare.
Nelle palestre, che nelle antiche storie dei guerrieri diventano dei veri e propri templi di pratica, sono setting particolari dove ritrovare autostima, trovare amici e un gruppo dove crescere; alcune volte diventa un luogo dove i giovani si rifugiano per trovare anche aiuto.
Si cresce e si trova una via.
Nella psicologia dello sport si dice che lo sport fa bene a tutti.
Niente di più vero!
E le arti marziali hanno il grande merito di essere fonte di costruzione di individualità libere, creative e fantasiose, che imparano la disciplina e che possono diventare adulti formati che sanno scontrarsi con le difficoltà e imparano a superarle.
Certo che bisogna affidarsi ad istruttori e Maestri che abbiano grande passione e conoscenza, non solo tecnica.
In Cina i Maestri di kung fu erano anche medici, o calligrafi e spesso avevano una vasta cultura. Erano spesso andati a scuola e nella casa del Sifu (padre maestro) imparavano anche la filosofia, le grandi poesie tramandate dagli antichi e a scrivere gli ideogrammi collegati alle tecniche.
Erano palestre non solo di tecniche marziali, ma anche di arte e di cultura; così devono diventare e crescere le nostre sedi di lavoro. Impegnarsi a crescere come associazioni sportive, o centri marziali significa condividere un percorso e insegnare a vivere.
Tanta gente passerà e andrà via. Tanta gente non capirà il profondo significato di quello che si sta insegnando. Ma molta gente tramanderà e altri daranno soddisfazioni o semplicemente cresceranno con dentro al cuore un po’ di quello che avete tramandato.
Parlando di quello che accade oggi nelle palestre ci si rende conto che molte volte nascono incomprensioni; si partono da buoni propositi, ma poi ci si scontra e ci si divide.
Vivere l’arte marziale non è semplice, soprattutto quando si arriva ad un certo grado di conoscenza. Si litiga a volte e persone che erano parte di un gruppo si dividono. I Maestri hanno sempre vissuto questi momenti con grande tristezza, ma come insegnano i grandi saggi sono momenti di profonda riflessione personale e del gruppo.
Si deve riflettere e prendere decisioni, fare scelte, come nella vita.
Nelle arti marziali, come nella vita, non si sceglie solo che tecnica migliorare, o che arma imparare, ma soprattutto che cosa voler diventare nella vita.
Il Tao, la Via.
“Tao (道 letteralmente la Via o il Sentiero; traslitterazione pinyin: dào - in giapponese: dō), spesso tradotto come Il Principio, è uno dei principali concetti della filosofia cinese. È l'eterna, essenziale e fondamentale forza che scorre attraverso tutta la materia dell'Universo, vivente o meno. È solitamente associata al taoismo, ma anche il Confucianesimo fa riferimento a essa. Per dirla in una parola, il Tao "è".
Nella filosofia taoista tradizionale cinese, il Tao ha come funzione fondamentale quella di rappresentare l'universo. Quest'ultimo all'inizio del tempo era in un stato chiamato Wu Chi ( = assenza di differenziazioni/assenza di polarità). A un certo punto si formarono due polarità di segno diverso che rappresentano i principi fondamentali dell'universo:
Yang il principio positivo, rappresentato in bianco.
Yin il principio negativo, rappresentato in nero.
I due principi iniziarono subito a interagire, dando origine alla suprema polarità o T'ai Chi. Il simbolo da tutti conosciuto come Tao è il più famoso di molti simboli che rappresentano questa suprema polarità e che sono chiamati T'ai Chi T'u. È importante evidenziare che nella filosofia Taoista Yin e Yang non hanno alcun significato morale, come buono o cattivo, e sono considerati elementi di differenziazione complementari.
Per descrivere il Tao, si può usare la seguente analogia: immagina una persona che cammina su una strada, portando sulle spalle un fusto di bambù. Alle due estremità del bambù, sono appesi due secchi. I due secchi rappresentano lo yin e lo yang. Il bambù rappresenta il Tai Chi, l'entità che separa lo yin dallo yang. La strada è il Tao.
Il Tao può essere interpretato come una "risonanza" che risiede nello spazio vuoto lasciato dagli oggetti solidi. Allo stesso tempo, esso scorre attraverso gli oggetti dando loro le caratteristiche. Nel Tao Te Ching si dice che il Tao nutre tutte le cose, che crea una trama nel caos. La caratteristica propria di questa trama è una condizione di inappagabile desiderio, per cui i filosofi taoisti associano il Tao al cambiamento; le rappresentazioni artistiche che tentano di rappresentare il Tao sono caratterizzate da flussi”[2].
Wu Shi Tao, La via del Guerriero
“Il guerriero è colui che sa ascoltare; il guerriero è colui che sa difendere e perseguire un ideale giusto, per lui e per gli altri.
Il guerriero è colui che sa pregare, perché umile di fonte alla potenza e al volere di Dio, qualunque esso sia o siano le entità che animano la sua vita.
Il guerriero è colui che coltiva la pace, la saggezza e lo fa con l’esperienza, l’umiltà, l’ascolto e il cuore: la coltiva perché sa che nella pace risiede la possibilità che le generazioni future e lui possano stare meglio.
Il guerriero è colui che sa guardare fuori tanto quanto sa mettersi in ascolto del suo interno; vive una vita per comprendere sempre meglio se stesso.
Il guerriero è colui che ha paura e dalle paure trae la forza per vincere; sapendo che non è solo, ma che vicino ha amici, la persona amata, la terra generatrice e il sole che scalda ogni giorno.
Il guerriero è colui che ricerca la tecnica nell’esperienza, che sa ascoltare con gli occhi, vedere con le orecchie, annusare con la lingua e gustare con il naso, toccare con il cuore e amare con ogni suo tocco. Non da nulla per scontato nella sua vita.
Il guerriero è colui che rispetta il respiro delle cose e sa il nome di ogni creatura; dona un saluto a chiunque incontra nella sua strada.
Il guerriero sa combattere, ma non da battaglia. Prima impara a coltivare la salute e a vivere in serenità e distingue un amico vero da chi non lo è.
Il guerriero si prodiga a comprendere tutte le lingue del mondo perché siamo tutti esseri viventi e si erge fiero in ogni suo gesto affinchè possa essere un modello da seguire, che può anche sbagliare.
Il guerriero ascolta la voce del vento, i consigli dei Maestri che incontra aspirando, un giorno, a divenire anche lui saggio e un buon Maestro.”
MDB77
Nella nostra scuola di kung fu tradizionale la via del guerriero è parte fondamentale dell’educazione che viene insegnata. I Maestri ci hanno consegnato tutte le chiavi per poter giungere alla capacità di diventare dei bravi guerrieri di Shaolin.
A seguire alcuni punti che il bravo guerriero deve imparare a sviluppare!
I piedi come radici.
Origine della stabilità di ogni tecnica sono i piedi. Essi devono essere come radici profonde. Bisogna studiare ogni posizione fino a che non la si sente stabile e tutte le tensioni non siano state lasciate scendere sotto la pianta dei piedi. Il primo aiuto è rilassare il corpo e fare molto kung chia (intelaiatura). I piedi devono sprofondare sul terreno come se fossimo sulla sabia, ma dobbiamo anche saperli muovere velocemente per cambiare rapidamente posizioni. Inoltre è importante saper usare la spinta dei piedi sul terreno che genera il movimento di tuto il nostro Kung fu.
Bacino come una ruota.
Origine del movimento di tutte le tecniche e parte importantissima per unire la parte inferiore con quella superiore.
Il lavoro del bacino deve essere quello di conoscerlo; prima si deve rilassarlo e fare in modo che sia libero in ogni suo movimento. Poi si deve imparare a girarlo come se fosse una grande ruota. Più grande è la ruota e più forza genera in alto.
Bisogna ricordarsi che la forza parte dai piedi e viene poi alimentata dal bacino!
Spalle rilassate come l’acqua.
Le spalle sono le radici del movimento delle braccia. Spalle rigide rendono i colpi lenti e non efficaci. Il colpo deve essere come una frusta o un’onda del mare che inizia morbida e fluida per poi arrivare a bersaglio forte e penetrante. La forza che viene generata da una massa fluida e libera è devastante. Lo studio del ch’i kung deve poi aumentare la potenza esplosiva dei colpi.
Studiare vastamente ogni parte del nostro copro e unirla in un‘unica catena cinetica; ecco il segreto per sviluppare colpi forti, veloci e potenti. Efficacia mentale che si trasmette in efficacia anche nella realtà.
tratto da Kung fu Tao, di Michele Dal Bo per info: http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1010644/Kung_Fu_Tao#!
[1] Tratto da “Psicologia”, di Umberto Galimberti. Pag. 810.
[2] Tratto da Wikipedia.