Giornata di sole e cielo terzo. A Viareggio Denis Dallan, uno dei protagonisti della Nazionale Italiana di Rugby, rilascia un intervista per il sito AlboIstruttori.com.
Come hai iniziato rugby? A che età? I tuoi genitori volevano?
Ho iniziato all'età di 8 anni proprio grazie a mio padre che vide questo sport quando emigrò in Australia, dove il rugby è molto praticato a livello nazionale, e se ne innamorò. Tornato ad Asolo, mia città natale, portò tutti i suoi cinque figli, anche mia sorella, uno dopo l’altro, a giocare nellasquadra della zona. Quindi iniziai a giocare a rubgy, seguendo le orme dei fratellie si capì subito che era lo sport per me. Ero un ragazzino molto chiuso, molto timido e questo sport di squadra mi servì tantissimo ad aprirmi. Alla fine arrivammo a far carriera in due dei quattro fratelli, io e Manuele quando approdai alla massima serie, ci ritrovammo a giocare nella stessa squadra: la“Benetton”.
Cosa vuole dire in termini di sacrificio allenarsi, soprattutto, in una squadra a livello Nazionale?
Sicuramente, anche se il concetto dello sport è sempre quello di divertirsi, nel momento in cui capisci che hai delle possibilità dai qualcosa in più. A 10 anni ero già convintissimo di voler arrivare in Nazionale e questo comportò un impegnomaggiore rispetto ai miei coetanei. Quindi nel momento in cui diventi un giocatore prima di interesse provinciale e poi regionale fino a nazionale diventa, insieme alla passione, un impegno, perché comunque entri nell'idea che il rugby è la tua vita. Sicuro il termine sacrificio, avendolo in testa sin da ragazzino, è stato incluso nel progetto di crescita come giocatore. Insieme a tutto questo, ovviamente, avevo i genitori che mi appoggiavano in pieno nei vari spostamenti per l'Italia che facevo già a 13 o 14 anni.
Che ruolo facevi?
da ragazzino sono partito da un ruolo di apertura dove la tecnica e visione di gioco sono i requisiti fondamentali e poi crescendo grazie alla mia prestanza fisica e alle mie doti da placcatore sono stato impiegato nel ruolo di centro. In Nazionale ho fatto carriera da ala. Ruolo in cui si deve saper placcare perché sei sempre l'ultimo uomo ma in più si essere veloci e lucidi per saper gestire le situazioni quando sei in inferiorità numerica. Quando si è in attacco l'ala finalizza l'azione e io oltre a questo, grazie alla mia buona accelerazione, avevo anche la possibilità di muovermi liberamente per il campo per andare a creare spaccature nel gioco avversario.
Qual'è la meta che ricordi in modo particolare?
Sicuramente quella che ho fatto a Twickenham nel 2001, sotto gli occhi di 80000 persone. Credo fosse la mia prima meta durante il torneo delle sei nazioni. Il ricordo è molto vivo perché fu una meta di forza e potenza voluta con tutto me stesso e la curiosità di quell'evento è che nei pub inglesi davano birra gratis fin quando l'Inghilterra non avesse segnato la prima meta e purtroppo per loro la prima meta la segnai io dopo 5 minuti, fu una bella lotta, e credo che la gente mi ringraziò parecchio, anche quella inglese.
Il rugby essendo sport da contatto che lesioni ti ha portato?
Principalmente furono due le lesioni: una fu alla spalla sinistra per una serie di contrasti avvenuti nelle varie partite. Subii un intervento e la riabilitazione fu veloce e addirittura, successivamente, la spalla la sentivo più forte rispetto a prima. L’altra dovuta a stress psicofisico al tendine d'Achille. Poi è normale se impari fin da piccolo a placcare ed esser placcato riduci drasticamente la possibilità d'infortunio. È li che si prende confidenza con il gesto, il corpo e i movimenti per attutire i colpi. Se si iniziasse a trent'anni si correrebbe maggiormente il rischio di rottura perché non si è abituati a impatti, cadute e dolori dati da sensazioni del tuo corpo. Crescere sin da piccoli con questo allenamento ti porta ad una consapevolezza di quello che ti accade in qualsiasi momento del gioco e dell'impatto. Con il tempo si assimilano le varie sensazioni.
Qual'è stato o quali sono stati i giocatori avversari che ti hanno impressionato di più nella tua carriera?
Come squadre la Nuova Zelanda, da loro il rugby è uno sport nazionale integrato nella cultura. È un team forte, veloce e unito. Ma anche l'Inghilterra è un ottima squadra.
Un giocatore che ricordo in particolar modo con cui ho giocato è Brendan Williams di capacità fisiche e forza forse come pochi giocatori, è di origini aborigine, alto 170 cm ha militato nella nazionale Australiana.
Poi avrei potuto incontrare Jonah Lomu della Nuova Zelanda, purtroppo non giocai quella partita per un ernia inguinale, lo vidi contro di noi e fu davvero impressionante insieme alla sua squadra.
Quale squadra alternativa avresti scelto?
Da giovane mi chiamò la nazionale Francese perche forse ho parenti lontani d'oltralpe. Ma sono contento di esser rimasto nella nazionale Italiana. Non ho squadre che rimpiango ma anzi sono contento di aver militato nelle file della squadra Parigina. Là ogni partita di rugby aveva 80000 persone, le maglie disegnate da stilisti famosi, calendari di noi rugbisti e un marketing del rugby molto sentito e curato con madrine d'eccezione come Madonna.
Cosa cambieresti della tua carriera sportiva?
Nella mia carriera è mancata una persona d'appoggio, quella figura che potesse darmi il supporto necessario e non solo da giovane su come formarmi tecnicamente per avere il meglio dai miei insegnamenti ma anche da adulto che mi aiutasse e consigliasse da un punto di vista oggettivo a gestire il mio ruolo da sportivo. Un esempio pratico potrebbe essere l’aiuto nella scelta di giocare una partita o meno al rientro da un infortunio perchè spesso venivo buttato in campo non curante della mia condizione fisica. Cercherei quindi, se tornassi indietro, di tutelare di più la mia persona per avere una carriera più lunga visto che ho dovuto smettere a 33 anni per infortunio e magari arrivare fino a 36 anni passando dal ruolo di ala a quello di centro.
C'è qualcosa che si può fare per incentivare il gioco del rugby a livello nazionale?
Punterei sui settori giovanili, sulla formazione degli allenatori e su giocatori di rugby con esperienza internazionale perché sono loro in grado di dare quell'aggiornamento che serve. In questo la federazione è molto presente e investe molto sul settore e sulle accademie giovanili. E poi l'impatto mediatico dopo l'ingresso dell'Italia nel torneo Sei Nazioni ha fatto conoscere meglio questo sport.
Un rugbista come vede sport come il calcio in relazione ai falli?
Nel calcio italiano più che in quello estero si simula troppo il fallo di contatto e la vedo come un’ offesa a chi fa questo tipo sport veramente. Nelle moviole si può chiaramente vedere che si sfiorano appena e che il dolore viene simulato. A mio avviso tutto questo non è educativo perchè le nuove generazioni crescono con lo spirito del vittimismo, con l’abitudine di fingere per ottenere qualcosa e tutto questo può essere negativo per una società che segue soprattutto il calcio come sport. Per far capire il significato di contatto bisognerebbe far giocare ai calciatori una partita di rugby!
Il rugby come sport è davvero onesto e rispettoso. Quando ci sono le mischie, contrariamente a quanto si possa pensare è raro vedere scorrettezze fisiche o verbali. Nessuno si azzarda a dire qualcosa fuori dalle righe soprattutto all'arbitro perché le squalifiche sono esemplari, mesi fino ad arrivare ad anni. Ma nello sport di contatto è giusto che ci siano regole ferree, perché già di per se ti da modo di metterti in mostra.
L'esperienza televisiva isola dei famosi come è arrivata?
Quest’esperienza televisiva è arrivato dopo l'infortunio, all'Isola dei Famosi cercavano uno sportivo e mi contattarono. Non la rifarei mai perché per prima cosa mi buttarono dall'elicottero, 8 metri di altezza in un metro d'acqua sulla barriera corallina e li mi si acutizzo di nuovo il problema alla caviglia; inoltre le mie aspirazioni sono ben più alte che essere nel circuito televisivo per un qualcosa di totalmente commerciale. Capisci che si può vivere con poco. Alla fine mi ha fatto diventare più popolare come sportivo e allo stesso tempo l'ho fatta una volta e mi è bastata.
Quali sono i tuoi progetti presenti e futuri?
Il canto lirico
Ho cantato già in diversi eventi tra cui anche al torneo “6 Nazioni” e per il carnevale di Viareggio. Da poco ho finito di studiare la Bohème e inizierò la Madama Butterfly e poi audizioni. Nella musica non si finisce mai di studiare come nel rugby dove ti devi allenare sempre.
La nuova squadra i Titani di Viareggio
Un progetto che ho creato insieme a Bergamasco, Ongaro, Castrogiovanni, Parisse e Campagnaro dove insieme, i 6 titani, abbiamo deciso di divulgare questo sport in tutta la Versilia, sia come attività fisica sia come crescita etico/sociale dei nuovi ragazzi. Secondo noi il rugby può aiutare a sviluppare i veri valori. Coinvolge ragazzini dai 4 anni fino ad arrivare agli over 40. Il progetto è annuale visto che finito il campionato a Maggio organizziamo, per continuare con il rugby e la formazione, un campus estivo al bagno Alhambra dove si fa tecnica e tattica del rugby, preparazione fisica con sport di contatto come la muay thai con il pluricampione mondiale Itthipol (Khieo) fino ad arrivare all'atletica leggera.
Arca Ovale e Rugby.
Sempre noi rugbisti promuoviamo la sensibilizzazione delle persone verso gli animali. Stiamo cercando di prendere una ambulanza mobile per interventi e sterilizzazioni dove i veterinari, con prezzi giusti ed etici, possano aiutarci a curare i nostri piccoli amici.
Finisce qui l’intervista ad uno sportivo davvero in gamba, simpaticissimo e sempre sorridente. Al bagno Alhambra, dove abbiamo fatto l’intervista, viene salutato da tutti e con tutti scambia quattro chiacchiere. Alboistruttori.com ringrazia Denis e la compagna Lisa per queste piacevoli ore passate insieme a ripercorrere immagini e vita vissuta di sano sport.